Circuito d'acqua
“C’è una specie di corrente qui dentro” esclama Roberto dopo dieci minuti di osservazione, quando orma il sistema che avevo progettato e costruito è stato sottoposto ad una tale quantità di sollecitazioni e manipolazioni da necessitare di una buona revisione.
“ Corrente?“ Lo corregge al volo Sandra, puntigliosa come al solito “…ma questa è acqua. Mica prendi la scossa”.
Alcune voci esprimono approvazione, Sandra ha ragione. Ma Roberto insiste: “Sì, ve bene… ma corre. E’ acqua corrente”.
Quella mattina avevo portato nel laboratorio una tavola di legno sulla quale era allestito un semplicissimo, elementare circuito idraulico. Non un circuito nel vero senso della parola, in quanto il punto di partenza e quello di arrivo non coincidevano, ma erano collocati comunque adiacenti.
A due mezze bottiglie in PVC avevo praticato un foro alla base, richiuso poi con un giunto in acciaio del tipo utilizzato dagli idraulici per collegare tra loro rapidamente i tubi in plastica.
Sulla tavola, con due chiodi, avevo fissato un semplicissimo rubinetto con alle estremità due giunti come quelli già usati per le mezze bottiglie. Quindi ho collegato la prima mezza bottiglia al rubinetto con un pezzo di tubo in plastica (diametro 5 mm) e il rubinetto alla seconda mezza bottiglia con un altro pezzo di tubo.
Per i primi cinque minuti non do spiegazioni, sto ad ascoltarle.
È quasi subito evidente che serve dell’acqua, viste le mezze bottiglie, i tubi e il rubinetto.
Mentre Sara va alla ricerca di una bottiglia, l’attenzione si sposta sul rubinetto: è aperto o chiuso ?
Flavio è sicuro che se la leva è parallela al tubo in entrata il rubinetto è aperto, senza dubbio. Due compagne, più rigorose, vorrebbero accertarsene di persona: la tesi di Flavio non le soddisfa.
In attesa dell’acqua che ancora non arriva, Roberto propone di soffiare dentro il tubo e sentire se esce aria dall’altra parte. È Flavio il primo ad afferrare la mezza bottiglia; se la porta al viso e soffia dentro a pieni polmoni. Sandra mette la mano sull’altra mezza bottiglia ma non sente nulla. Flavio, incredulo, gira il rubinetto e soffia di nuovo. Ma nemmeno ora Sandra sente aria dall’altra parte.
Forse il sistema è imperfetto e perde aria da qualche parte; anche con questo parametro un buon tecnico deve misurarsi.
Ma ecco finalmente l’acqua. È Sara che insiste per versarla e, senza attendere istruzioni, riempie quasi all’orlo la prima mezza bottiglia. Si vede l’acqua nel tubo scorrere velocemente fino al rubinetto, poi più nulla. “E’ chiuso, aprilo ! Aprilo !” Si precipitano in due sul rubinetto che, appena girato, lascia passare l’acqua che si riversa nella seconda mezza bottiglia.
Una manciata di secondi e il flusso s’arresta.
“E allora ?” “Perché non va tutta di là ?” “Flavio ha girato il rubinetto !” “Ma và là… non ho toccato niente” Mentre si discute sull’inattesa pace del sistema, una pozza d’acqua s’allarga sul pavimento. Le giunture non sono perfette, lo sapevo, e adesso urge fermare l’emorragia.
Flavio, accusato ingiustamente del sabotaggio del circuito, alza la prima mezza bottiglia per riversare l’acqua nella seconda. Il principio dei vasi comunicanti non tarda a rivelarsi e in una manciata di secondi fra le mani di Flavio resta una mezza bottiglia vuota, prima ancora che lui ne versi il contenuto.
La mente indagatrice dei bambini suggerisce d’istinto di fare il contrario. Flavio riappoggia la sua mezza bottiglia e Sandra alza l’altra. Di nuovo il fenomeno si ripete.