So fare o non so fare
Questa mattina, appena alzato, ho raggiunto il bagno ma appena premuto l'interruttore un breve gemito di luce ha decretato la fine della lampadina.
Dopo un'imprecazione più o meno adatta all'occasione ho afferrato una sedia e mi sono portato all'altezza del lampadario per sfilare il vetro e recuperare la morta lampadina.
Forse mossa dall'imprecazione di prima, mia moglie mi ha raggiunto per capire che cosa fosse accaduto e per dare quindi il proprio contributo alla riparazione chiedendomi, nell'ordine: se sapessi cosa fare, se fossi in grado di farlo, se avessi preso le precauzioni, se le precauzioni fossero quelle adatte, se non fosse il caso di chiedere aiuto implorandomi infine di non lasciarla vedova che non si sentiva pronta.
Oggi viviamo in case che non conosciamo. Sono piene, ed è bene, di sistemi di sicurezza attiva, passiva, transitiva e metaforica che riducono i rischi d'incidente domestico in particolare la mattina appena svegliati che è la prima fase critica della giornata.
È un segno del progresso al quale non rinuncio e nessuno dovrebbe trovarsi in condizioni di rinunciarvi. Pretendo ci sia il salvavita, la termovalvola del gas, il paraspigoli, la fotocellula e il crepuscolare. L'intelligenza ma soprattutto l'esperienza a volte tragica degli uomini, ci consegna oggi strumenti e servizi più sicuri ma anche più piacevoli da usare. In ciò includo la mia adorabile moglie che, se non fosse venuta a controllare, un po' mi sarebbe dispiaciuto. Ha rivestito di epico eroismo le mie gesta o più semplicemente è una persona consapevole ed informata ed evidentemente le sto a cuore.
A noi oggi non mancano protezione ed informazione. Solo che tutta questa “sicurezza” ci porta a restare immobili, ad affidarci solo all'elettricista abilitato per un cambio di lampadina. Non è questione di avarizia o pigrizia (per quanto questa chiamata posso pensare quanti costi e per quanto tempo mi costringa a pisciare al buio in attesa dell'intervento dell'esperto).
La mamma di Cappuccetto Rosso le ha raccomandato di stare attenta al lupo mentre avrebbe attraversato il bosco. Se avesse aggiunto pure di stare attenta al temporale, al freddo, alle vipere e alle vespe, ai dirupi o ai funghi velenosi credo che l'adorabile Cappuccetto Rosso si sarebbe sfilata il mantello per appenderlo nel tinello e sarebbe poi rimasta a scaldare i piedi alla stufa. Il lupo, si potrebbe obiettare, non se la sarebbe mangiata. Ma noi, in tal caso, non conosceremmo Cappuccetto Rosso e lei non avrebbe motivi per scoprire qualcosa in più al di fuori del suo giardino.
Mentre svitavo la lampadina mi prendevo dei rischi, certo. I sistemi di sicurezza e le raccomandazioni di mia moglie li riducevano quasi a zero ma senza mai eliminarli del tutto. Ma vuoi mettere la soddisfazioni di riportare la luce in bagno in pochi minuti? Non c'è bisogno di mandare un tweet in rete e di condividere con l'universo questo evento; mi basta la soddisfazione di sentire questa casa un po' più mia, di saperla prendere per il verso giusto e saperla curare, conoscerne i difetti per apprezzarne i pregi.
La discriminante non è il grado di incoscienza che sono disposto a rischiare ma molto più semplicemente l'aver visto qualcuno cambiare una lampadina prima di oggi. Qualcuno che si sia preso la fatica di mostrarmi e spiegarmi la procedura. O qualcuno al quale abbia potuto, una volta, chiedere come fare. Per chiedere però devo credere sia possibile imparare a farlo; che la volontà di conoscere prevalga sulla paura del rischio.
Il saper-fare è uno dei saperi più pieni e più veri. Chi sa fare è un saggio ancorché non sia anche un pensatore.
Oggi, come dicevo, l'informazione non manca. È sovrabbondante, ridondante, dettagliata, diversificata. In poco tempo possiamo sapere tutto di qualsiasi cosa. La società liquida impregna tutta la vita, colma gli spazi come l'acqua in una spugna. Una quantità che esalta e spaventa, non possiamo controllarla ma nemmeno gestirla.
Pensando alla lampadina non faremmo fatica a sapere qualità, tipologie, modelli, pro et contra, problemi, rischi, difetti di tutti i bulbi luminosi creati nella storia dell'uomo. Ma con tutta questa scienza e conoscenza sulle spalle diventa più gravoso alzarsi, prendere la scala e salire a svitare e poi riavvitare quel corpo concreto, materiale, di vetro e metallo. Vorrei allora ritrovare un equilibrio, se mai può esistere, tra sapere e saper fare. Sentire intimamente che conoscere ma non saper agire mi renda a lungo andare sempre meno libero, meno indipendente, più soffocato da paure e preoccupazioni. Come, al contempo, sentire che saper fare senza aver capito (senza poter dare un senso e una cornice) mi lasci comunque legato in gesti mparati e ripetuti ma non del tutto miei.